immagine Europee, test di governo per Lega e 5Stelle: exit poll, proiezioni e risultati dalle 23
  • di Alberto Gentili
  • Domenica 26 Maggio 2019, 00:05

Europee, test di governo per Lega e 5Stelle: exit poll, proiezioni e risultati dalle 23

ROMA Si vota per l’Europa e sull’Europa, ma in realtà oggi 51 milioni di italiani decideranno indirettamente anche la sorte del governo giallo-verde. Oltre a stabilire chi guiderà il Piemonte e ben 3.800 Comuni, tra cui Firenze, Bari, Perugia, Livorno, Reggio Emilia, Potenza.

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Settimane e settimane di veleni e colpi bassi, di liti su ogni singolo dossier, con Luigi Di Maio che ha accusato l’alleato Matteo Salvini di guidare un partito di corrotti e con il capo leghista che ha addebitato al leader grillino di aver alzato un muro di “no”, hanno cancellato il feeling e l’empatia dei primi mesi. I due leader ammettono di non parlarsi più. C’è da vedere se ricominceranno a farlo lunedì.
Tutto dipenderà da come i due partiti usciranno dalle urne. Se i giallo-verdi si dovessero confermare maggioranza del Paese, se la “forbice” tra 5Stelle e Lega non risultasse troppo ampia (dai 3 ai 5 punti) e se il Carroccio non sfondasse il tetto del 30%, è probabile che il governo andrà avanti. Del resto è questa la promessa lanciata da Di Maio e Salvini nelle ore in cui si azzuffavano e insultavano.
Ma visto che «ormai i rapporti sono logori e non ci si può più fidare di chi ti chiama corrotto e mafioso», sostiene un ministro leghista, è dato per certo che Salvini presenterà il conto. Lo farà, in qualità di leader del «primo partito nazionale», al primo Consiglio dei ministri. E lì, in settimana, il capo della Lega chiederà il varo del decreto sicurezza bis, delle intese con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna sull’autonomia differenziata. Più un impegno solenne su «porti chiusi», flat tax e sul via libera alla Tav. E, ça va sans dire, solleciterà uno stop preventivo a qualsiasi richiesta di dimissioni se il viceministro leghista alle Infrastrutture, Edoardo Rixi giovedì 30 dovesse essere condannato per le “spese pazze” in Liguria. 
 



L’INCOGNITA
Da capire quale sarà la reazione di Di Maio. Al contrario di Salvini, il leader grillino non può imboccare la strada delle elezioni anticipate (vale la regola del secondo mandato e il Movimento non potrebbe riportare in Parlamento un numero così alto di deputati e senatori), ma è pur vero che (appunto) Di Maio ha dalla sua la forza dei numeri parlamentari. Così è probabile che, per bilanciare e non perdere la faccia innescando la rivolta nel Movimento, ottenga il disegno di legge per le famiglie e il sì alla riforma del conflitto d’interessi (edulcorata). Dica sì alla flat tax, mitigandola «a favore dei ceti medi». E ingoi sia l’autonomia differenziata, sia la Tav. «Sull’Alta velocità una soluzione la troveremo», ha messo le mani avanti un paio di giorni fa. Con un problema ulteriore: l’eventuale condanna di Rixi. In questo caso gli sforzi di mediazione di Di Maio potrebbero risultare vani, vista la veemenza giustizialista del Movimento.
Diverso il discorso se la Lega stravincesse, superando la soglia del 30% (era al 17% 14 mesi fa), e se i grillini dovessero scendere sotto il 22-23% (erano al 32,4). In questo caso, come certifica anche un’analisi della Cominin&partners, a dispetto delle promesse di Giorgetti e Salvini («non ci occuperemo di poltrone, non faremo alcun rimpasto»), la Lega potrebbe chiedere un «riequilibrio» della squadra di governo: via Danilo Toninelli (Infrastrutture), via Giulia Grillo (Sanità). E via addirittura Giuseppe Conte, ritenuto non più «super partes» dal sottosegretario e dal leader leghista, che ieri ha violato il silenzio elettorale invitando su Twitter a votare Lega.
Potrebbe essere questa la mossa (oltre al sì alla Tav) per spingere Di Maio a «spengere» il cerino e ad aprire la crisi. Le elezioni anticipate (a settembre) per una Lega sopra il 30% e con una legge di bilancio che si annuncia peggio di una via crucis, sarebbero la strada per Salvini di tentare il colpo grosso: liberarsi dagli «odiati» grillini e puntare alla leadership indiscussa di un centrodestra sopra al 40%.
Di nuovi governi con questo Parlamento, il leader leghista non vuole infatti sentir parlare: «Porta male, avete visto Renzi?!...». Ma non è escluso che l’istinto di sopravvivenza, di fronte al precipitare verso le urne, spinga una grossa fetta dei parlamentari grillini alla scissione ingrossando le fila di una maggioranza di “responsabili”. In questo caso sarà il Quirinale a decidere il destino della legislatura.
Sullo sfondo, se il governo giallo-verde dovesse restare in piedi tentando però qualche azzardo di troppo sui conti, diversi analisti non escludono una tempesta finanziaria estiva. Tipo quella che nel 2011 portò al licenziamento di Berlusconi. E non la scartano anche se Salvini e Di Maio tornassero a scambiarsi “like” e cuoricini sui social: con un debito nel 2020 al 135% del Pil non si scherza.

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