Immobili di pregio: cosa sono e come sono regolati
Gli immobili di pregio sono una particolare categoria di abitazioni, che per alcune caratteristiche peculiari vengono considerati beni di lusso. La normativa in vigore spiega con dovizia di particolari quali sono le specifiche che un immobile deve avere per essere considerato di pregio, a cui corrispondono alcuni doveri e alcuni limiti. Non si tratta esclusivamente di case di dimensioni straordinarie, perché è anche la località in cui sono posizionate e la qualità delle finiture a determinare la classificazione dell'immobile.
La classificazione come abitazione di lusso porta all'esclusione da alcuni privilegi fiscali e impositivi, perché si presuppone che chi sia in possesso di un immobile di questo tipo abbia la possibilità di affrontare in maniera esauriente gli oneri che ne derivano.
Immobili di pregio: i riferimenti normativi
La definizione e la regolamentazione delle case di lusso fa riferimento a una nota normativa ormai molto datata ma ancora attuale. Il Decreto Ministeriale che definisce le abitazioni di lusso risale al 2 agosto 1969 ed elenca tutti i criteri che devono avere queste case per rientrare nella categoria, al netto della categoria catastale, che non è in questo caso un elemento da prendere in considerazione. Sono passati quasi cinquant'anni da quel Decreto Ministeriale e negli ultimi anni sono stati numerosi i ricorsi e le cause giudiziarie che hanno evidenziato la necessità di migliorare la definizione per rendere l'argomento quanto più chiaro possibile. E' in quest'ottica che si inserisce la sentenza n. 21287 del 18 settembre 2013, a cui ha fatto seguito l'ordinanza n. 23507 del 4 novembre 2014, con cui la Corte di Cassazione ha ulteriormente definito limiti e paletti per la definizione corretta, concreta ed esaustiva degli immobili di lusso, soprattutto al fine delle agevolazioni fiscali e delle imposte, per i quali le abitazioni di pregio non hanno nessuna agevolazione.
Immobili di pregio: la definizione del Decreto Ministeriale 2/8/69
Definire con esattezza i criteri di un immobile di lusso è fondamentale per determinare se possono sussistere le agevolazioni fiscali o meno. I lavori condotti in merito dagli esperti hanno portato a individuare alcune peculiarità fondamentali che caratterizzano questo tipo di immobili, che per essere considerati di lusso devono presentare almeno una delle caratteristiche esposte dal decreto dall'articolo 1 all'articolo 7:
- articolo 1: sono di pregio gli immobili realizzati in aree che, in base al piano urbanistico, sono destinate a ospitare ville, parchi privati o, in generale, a ospitare abitazioni definite come di lusso;
- articolo 2: sono di pregio gli immobili realizzati in aree dove è prevista la realizzazione di lotti non inferiori a 3000 metri quadrati per case unifamiliari. Sono da escludere da questa categorizzazione le aree agricole, anche se in essere il piano regolatore urbanistico ha previsto la possibilità di realizzazione di immobili residenziali;
- articolo 3: sono di pregio le abitazioni inserite in fabbricati con una cubatura maggiore di 2000 metri cubi, a patto che siano realizzati in lotti che abbiano una volumetria totale inferiore a 25 metri cubi vuoto per pieno per ogni 100 metri quadri di superficie dedicata al fabbricato;
- articolo 4: sono di lusso le case che possono vantare pertinenze sportive di un certo tipo. In particolare, la norma fa riferimento a una piscina con una superficie minima di 80 metri quadrati e a aree destinate a campi da tennis con fondo drenato, la cui estensione sia di almeno 650 metri quadrati;
- articolo 5: sono di pregio gli immobili che ospitano un solo appartamento padronale di ampiezza pari o superiore a 200 metri quadrati, escludendo dal computo i balconi, le terrazze, la cantina, i posti auto e la soffitta, oltre al vano scale. Per essere considerata di lusso, inoltre, la casa deve avere a disposizione una pertinenza scoperta la cui estensione sia almeno pari a sei volte quella della superficie coperta;
- articolo 6: sono considerate di pregio le singole unità abitative che abbiano una superficie pari o superiore a 240 metri quadrati, escludendo dal computo le pertinenze esterne e interne e i locali di servizio;
- articolo 7: sono di lusso le case che vengono realizzate su terreni il cui valore supera di almeno una volta e mezzo quello dell'immobile sussistente, considerato esclusivamente in forma di costruzione;
- articolo 8: anche se l'immobile in oggetto non presenta nessuna delle precedenti caratteristiche, è considerato di pregio se possiede almeno quattro peculiarità tra quelle inserite nella tabella allegata al decreto, che si riferiscono principalmente alle finiture di lusso delle abitazioni.
Immobili di prego: le classificazioni catastali
Il Decreto Ministeriale del 1969 è piuttosto esaustivo nel definire le caratteristiche delle abitazioni di lusso ma importanti indicazioni in merito si possono trovare anche nelle classificazioni catastali. Anzi, per effetto dell'art. 33 del dlgs 175/2014, ad oggi, è la classificazione catastale a essere considerata in via quasi esclusiva per la determinazione del regime fiscale soprattutto nell'ambito della prima casa. Per il catasto, sono considerati di lusso gli immobili rientranti nelle categorie:
- A/1: edifici di tipo signorile, ossia sussistenti in aree considerate di pregio per la presenza di parchi e/o giardini che vantano finiture superiori alla media;
- A/8: unità immobiliari realizzate all'interno di ville, ossia immobili residenziali che tra le loro pertinenze possono vantare un parco o un giardino, che vantano finiture di pregio;
- A/9: castelli e palazzi di pregio storico e artistico, la cui ripartizione interna e l'ampiezza dei volumi non rientra tra i modelli tipo delle abitazioni categorizzate. Queste soluzioni costituiscono principalmente un'unica unità immobiliare.
Tutte le abitazioni che secondo il catasto sono collocate in una di queste categorie catastali sono da considerarsi come immobili di pregio e, pertanto, non possono godere dei privilegi fiscali e dell'esclusione delle imposte.
Immobili di lusso e prima casa: la regolamentazione
Il regime fiscale della prima casa permette di ottenere delle agevolazioni nell'acquisto di un immobile che non rientri nelle categorie catastali sopra citate e che non sia in possesso di nessuna caratteristica specificata nel Decreto Ministeriale 2/8/69. Su questo punto specifico sono nate negli anni le questioni più importanti, perché c'è stata sempre una divergenza tra la giurisprudenza e la dottrina nell'individuare quali fossero le effettive direttive da seguire.
Tutto nasce nel 2014, quando c'è stata la rivoluzione dell'imposta di registro: per vizio di forma, conseguente a importanti lacune dell'articolo 10, Dlgs 23/2011 entrato in vigore il 1 gennaio 2014, inizialmente sembrava essere stato accantonato il concetto ci abitazione di lusso così come lo si era concepito fin dal 1969 in favore della catastalizzazione, almeno per quanto concerne un particolare tipo di transazioni.
Entrando nello specifico, quando si vuole acquistare la cosiddetta prima casa con con atto imponibile a Iva, le uniche linee guida da prendere in considerazione sono quelle del Decreto Ministeriale 2 agosto 1969, dove sono elencate le caratteristiche di una casa di lusso: se l'immobile non possiede le peculiarità indicate non è un immobile di pregio quindi può beneficare delle agevolazioni prima casa. In questo caso la classificazione catastale non ha alcuna rilevanza. Diverso è il discorso di un acquisto soggetto a imposta proporzionale di registro, perché in questo caso i requisiti di lusso del decreto del 1969 non devono essere presi in considerazione in favore della classificazione catastale. Ne deriva che possono approfittarne coloro che acquistano un immobile che non rientra nella categoria A/1, A/8 e A/9.
Questo significa che un appartamento in categoria A/1 per il catasto, se ubicato in un condominio, non può godere delle agevolazioni prima casa se si tratta di un atto redatto utilizzando l'imposta proporzionale di registro ma può usufruirne se si opta per un atto imponibile a IVA, a patto che l'immobile non abbia una superficie maggiore di 240 metri quadrati.
Su questo punto in particolare sono nate numerose controversie legali di non facile risoluzione, in particolare la giurisprudenza riporta un caso emblematico che ha aiutato a stabilire i paletti e le condizioni.
Un contribuente aveva acquistato un immobile beneficiando dei contributi per la prima casa ma, dopo un un controllo, il Fisco ha inoltrato un avviso di liquidazione richiedendo il pagamento per intero delle imposte, giacché l'immobile era considerato di lusso proprio perché la sua estensione superava i 240 metri quadrati. Il proprietario ha contestato le intenzioni del Fisco, adducendo a un errore nel calcolo della superficie utile per la determinazione delle caratteristiche, perché l'Agenzia delle Entrate aveva incluso nel computo anche il seminterrato e il sottotetto. In primo grado c'è stato il rigetto dell'opposizione del contribuente con una sentenza che ha avvallato l'operato del Fisco. A quel punto, il contribuente si è rivolto alla Commissione tributaria regionale, che ha invece accolto il ricorso perché escludendo la superficie del sottotetto e del seminterrato, quella utile dell'immobile in oggetto era inferiore ai 240 metri quadrati indicati dal Decreto Ministeriale 2/8/69. I due ambienti contestati erano privi dei requisiti di abitabilità, quindi non potevano essere considerati.
A questo punto è stata l'Agenzia delle Entrate a proporre ricorso in Cassazione, che ha ribaltato la sentenza dando ragione al Fisco. La Cassazione ha ribadito che, in materia di calcolo della superficie valida, le disposizioni del Decreto Ministeriale 2/8/69 sono tassative, ed escludono quindi:
- cantine
- soffitte
- scale
- balconi
- verande
- terrazzi
- posto auto
Ma qualsiasi altro ambiente, ivi compresi i seminterrati e i sottotetti devono essere parte del computo, a prescindere dalle condizioni di abitabilità, perché nel Decreto Ministeriale 2/8/69 non viene mai menzionato.
In questi casi è considerata valida la revoca delle agevolazioni, con restituzione della differenza indebitamente non pagata, ma il contribuente non è tenuto al pagamento di nessuna sanzione per un errore condiviso su parametri non più vigenti.