- lunedì 28 marzo 2016, 10:51
Sui beni ereditati si paga l'imposta di successione
Si calcola sul valore complessivo dell’asse ereditario e non solo sui beni immobili
Nonostante le semplificazioni degli ultimi anni, la dichiarazione di successione e la liquidazione delle imposte presentano sempre parecchie difficoltà: ecco una mini guida per operare al meglio..
Le tasse da pagare
L’arrivo di una casa ereditata è sempre un grande passo avanti nel bilancio familiare, poiché l’immobile può essere venduto o affittato oppure utilizzato direttamente dal beneficiario, che si ritrova senza mutuo e senza fatica proprietario di un bene di un certo valore. Tuttavia non sono tutte rose e fiori, perché il fisco, sia pure con una certa cautela, come sempre vuole la sua fetta di torta. Sui beni ereditati si deve infatti pagare l’imposta di successione e se tra questi beni ci sono anche terreni o fabbricati occorrerà versare anche le imposte ipotecaria e catastale, oltre ad una serie di piccoli tributi minori (come la tassa ipotecaria e l’imposta di bollo). Come vedremo, per fortuna l’imposta di successione si paga sul valore eccedente una robusta franchigia, almeno nel caso della parentela in linea retta (ad esempio dai genitori ai figli).
Tre aliquote
Diversamente dalle imposte ipocatastali (su cui torneremo nella prossima puntata), l’imposta di successione si calcola sul valore complessivo dell’asse ereditario e non solo quindi sui beni immobili, e varia in base al rapporto di parentela tra defunto e beneficiario. Le aliquote da applicare sono le seguenti: 4% se beneficiari sono coniuge, genitori, figli e altri parenti in linea retta, con una franchigia di un milione di euro per ciascun beneficiario; 6% se beneficiari sono fratelli e sorelle, con una franchigia di centomila euro per ciascun beneficiario; 6% senza franchigia se beneficiari sono gli altri parenti fino al quarto grado (come nipoti, zii e cugini di primo grado), gli affini in linea retta e gli affini in linea collaterale fino al terzo grado (come ad esempio suoceri e cognati); 8% senza franchigia per tutti gli altri soggetti, tra cui ad esempio i conviventi.
Imposta mitigata dalle franchigie
L’imposta di successione dunque è sempre in vigore, sia pure mitigata dalle franchigie. Ad ogni modo se una figlia eredita l’appartamento di famiglia da un genitore, potrà stare abbastanza tranquilla, perché con una franchigia di un milione di euro difficilmente dovrà pagare. Inoltre la franchigia di un milione prevista per i parenti stretti non è riferita al valore globale dell’asse ereditario ma alle singole quote di eredità che spettano a ciascun beneficiario. Così, se gli eredi della successione sono, ad esempio, il coniuge e due figli, ciascuno di loro avrà diritto alla franchigia di un milione di euro per la propria quota di eredità. Infine nel caso di disabili la franchigia sale a un milione e mezzo di euro.
Le cose vanno diversamente per gli altri parenti: se è l’amato zio ad aver lasciato un immobile al nipote, in questo caso non ci sono franchigie e il beneficiario si vedrà arrivare l’importo quanto prima al proprio domicilio. Infatti, diversamente dalle imposte ipotecaria e catastale che devono essere calcolate e versate dal cittadino prima di presentare la dichiarazione di successione, l’imposta di successione è liquidata direttamente dall’ufficio e quindi solitamente arriva al contribuente direttamente alla propria abitazione, dopo la presentazione della dichiarazione di successione. Ad aggravare le cose è il fatto che l’imposta di successione, a differenza dell’Irpef o dell’Iva, per i “piccoli” contribuenti non è praticamente rateizzabile.
Un po’ di conti
Anche i calcoli dell’imposta di successione li fa il fisco, ma per avere un’idea di cosa ci aspetta si può considerare che l’imposta si paga sul valore netto dell’asse ereditario cioè dal totale dei beni caduti in successione (come ad esempio immobili, azioni, quote e obbligazioni con esclusione dei titoli di Stato, aziende, crediti, beni mobili, ecc.), meno le passività e gli oneri che sono riconosciuti come deducibili dal fisco (ad esempio debiti della persona deceduta, spese mediche e funerarie etc.). Quando c’è un immobile a volte l’ufficio applica una piccola maggiorazione per tenere conto dei beni mobili contenuti nella casa e che passano agli eredi insieme all’immobile stesso.
Meno obblighi per le piccole successioni
Già da tempo e precisamente dall’entrata in vigore del “Decreto semplificazioni” (D. Lgs n. 175 del 21/11/2014) non è più necessario presentare la dichiarazione di successione quando l’eredità, devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta, ha un valore che non supera i 100mila euro e non comprende immobili o diritti reali immobiliari. Questa novità rappresenta dunque una bella semplificazione per le successioni di modesto valore. In passato infatti il limite in vigore era di soli 25.000 euro. Inoltre, in applicazione del principio del favor rei¸ come conseguenza dell’abolizione dell’obbligo di presentazione sotto i 100mila, non scattano sanzioni nei confronti dei contribuenti che non hanno presentato la dichiarazione di successione nei termini e che in base alla nuova norma non sarebbero più tenuti a farlo.
In generale in caso di ritardi nella presentazione o nel pagamento si applicano le norme sul ravvedimento operoso.
Crediti fiscali, niente integrativa
Potrebbe succedere che dopo la successione emergano crediti fiscali in capo al de cuius che devono perciò essere rimborsati agli eredi. Ebbene, dall’anno passato le cose sono diventate più semplici grazie al Decreto Legislativo n. 175/2014. In sostanza, l’erogazione dei rimborsi fiscali dopo la presentazione della dichiarazione di successione non comporta l’obbligo di presentazione della dichiarazione integrativa e l’Ufficio dell’Agenzia delle entrate, nel liquidare l’imposta di successione, considera gli eventuali rimborsi fiscali erogati.
(3 - continua)
Hanno collaborato Alberto Martinelli ed Enrico Rabitti
- Annunci correlati
IlMessaggeroCasa.it
Scegli su quale social condividere questo contenuto con tutti i tuoi amici.