- Sabato 11 Maggio 2019, 01:45
Sbarchi, Salvini taglia Toninelli. Decreto sicurezza bis: sui porti deciderà il Viminale
L’ultima prova di forza di Matteo Salvini, in una maggioranza sempre più instabile, ha la forma di un decreto e prevede l’attribuzione al Viminale dei poteri che, da sempre, spettano al ministero delle Infrastrutture: quelli sul mare. Due articoli per depotenziare il ruolo di Danilo Toninelli, limitato, secondo le nuove norme, alla sola sicurezza della navigazione e protezione dell’ambiente marino, e accrescono quello del ministro dell’Interno, al quale competerebbe la possibilità di vietare anche il transito e la sosta di navi e mercantili. Il provvedimento arriva dopo i tre sbarchi che Salvini ha dovuto digerire, nonostante la sua linea dei «porti chiusi».
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La prima reazione era stata una lettera al premier Giuseppe Conte e al ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, per sollecitare «un salto di qualità» sui rimpatri. In sostanza, per chiedere nuovi accordi bilaterali («che non sono di mia competenza», ha scritto) con i Paesi di origine degli stranieri che siano condizionati all’accettazione di una quota di migranti irregolarmente presenti in Italia. L’iniziativa aveva ricevuto la secca replica dei pentastellati: «Non faccia lo gnorri e si prenda le responsabilità invece di coprire i suoi fallimenti: i rimpatri sono di sua competenza».
IL TESTO
Nel pomeriggio, poi, è arrivato il decreto: via i poteri a Toninelli e multe tra i 3.550 e i 5mila euro per ogni migrante trasportato, qualora chi abbia effettuato il salvataggio non si sia attenuto alle istruzioni operative delle autorità competenti sul tratto di mare, ossia quelle libiche. Il testo prevede modifiche al codice di procedura penale in materia di immigrazione, consentendo l’uso delle intercettazioni anche nei casi meno gravi, mentre stanzia tre milioni di euro, in tre anni, per incrementare l’attività degli agenti sotto copertura nelle inchieste sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
La straordinaria necessità e urgenza, prevista dalla formula dei decreti, per Salvini consiste nel prevedere misure che contrastino «prassi elusive» delle norme che regolano l’individuazione dei porti sicuri e dell’approdo delle persone soccorse in mare. Il «contesto internazionale» e i rischi per l’ordine e la sicurezza pubblica sono il pretesto per spostare la competenza sul mare, attribuita dal codice della navigazione al ministero delle Infrastrutture, al Viminale, cioè a se stesso.
E ieri il primo fronte si è aperto proprio con Mare Jonio, la nave della Ong italiana Mediterranea: è stata fatta approdare a Lampedusa, e ci è arrivata scortata dalla Guardia di finanza. L’imbarcazione aveva soccorso 30 persone in mare ed era a 12 miglia dall’isola siciliana, quando due motovedette delle Fiamme gialle l’hanno bloccata e controllata. In contemporanea, Salvini ha postato sui social una foto della nave e del capo missione Luca Casarini, con scritto a margine: «Ultimo viaggio per la nave dei centri sociali Mare Jonio: bloccata e sequestrata. Ciao ciao». Nella vicenda è intervenuto il premier Conte che ha voluto sottolineare: «Il porto di Lampedusa è aperto. Ci siamo sentiti con Salvini e siamo d’accordo sul sequestro, la nave era stata già diffidata, ora si faranno le verifiche. I migranti a bordo verranno fatti scendere e messi in sicurezza, ci mancherebbe, mica li mettiamo nelle patrie galere, o li affoghiamo in mare», ha commentato fuori da Palazzo Chigi.
L’INCHIESTA
Per i componenti dell’equipaggio è scattata l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina da parte della procura di Agrigento, mentre il provvedimento di sequestro è stato deciso perché la Finanza avrebbe «riscontrato a bordo alcune irregolarità». Mare Jonio a parte, l’Italia ha comunque dovuto riaprire i porti per accogliere i migranti soccorsi dalla nave Cigala Fulgosi che presidiava la zona di mare davanti a Tripoli. Ieri è stato effettuato il trasbordo dei 36 passeggeri sulla Stromboli, che è arrivata nel porto di Augusta, dove è avvenuto lo sbarco.
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